La creatività è nel senso comune intesa come quella capacità dell’essere umano di generare idee nuove. In questo si trova un sottinteso culturale, ovvero l’idea che creare qualcosa di nuovo sia sempre positivo, a prescindere dal prodotto e dal processo dell’atto creativo stesso.
Il concetto di innovazione, in questa sua accezione positivistica, è strettamente legato a quello di progresso. L’idea di “progresso” (dal latino progredior, andare avanti) ha le sue radici in una concezione lineare della storia, intesa come un susseguirsi di avvenimenti. Ricordate alle Scuole Elementari che ci facevano disegnare la linea del tempo come che una semiretta, che parte da un punto e procede verso destra all’infinito? Quella retta non ha solo il significato di progressione temporale, ma gli abbiamo affibbiato nel tempo un significato di miglioramento, di sviluppo.
Con le scoperte geografiche, le innovazioni tecniche e scientifiche del XV e XVI e più avanti con l’Illuminismo nel XVIII secolo, si afferma l’idea della superiorità dei moderni rispetto agli antichi. Le ultime generazioni si servono delle scoperte già realizzate in passato per fondarvi un processo creativo che potenzialmente «non avrà mai fine»[1]. Si fa strada quindi l’idea che gli esseri umani progrediscano nel tempo in quanto possono avvalersi delle conoscenze accumulate negli anni. E che questa saggezza possa quindi essere messa al servizio della creatività che porterà ogni volta l’umanità a un passo in avanti.
Tuttavia, sul finire del XX secolo questa visione evoluzionista e progressista della storia e dell’esistenza umana è stata messa in discussione. Il XX secolo ci ha mostrato che la facoltà creatività dell’essere umano può dare luogo anche a invenzioni nefaste e abominevoli: le due bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki nel 1945 hanno prodotto circa 210.000 morti e 150.000 feriti; i campi di concentramento e di sterminio sono opere che hanno generato 20 milioni di morti; l’utilizzo degli idrocarburi, alla base del funzionamento della maggior parte delle tecnologie che utilizziamo nella cosiddetta “era del petrolio”[2] ha portato a un altissimo livello di inquinamento atmosferico, al disboscamento di vaste aree del pianeta, all’inquinamento delle acque e al rischio di estinzione di alcune specie animali e vegetali. Ci si inizia a rendere conto che alcuni prodotti dell’innovazione e del progresso tecnologico di cui la creatività umana è stata capace stavano inesorabilmente portando alla distruzione del pianeta e all’autodistruzione. Il nostro nuovismo[3] non funzionava più!
Alcuni di noi hanno iniziato a porre un’altra questione, quella dell’intenzionalità sentimentale della creatività. Nel valutare la qualità etica dell’innovazione non si può infatti prescindere dal sentimento e dagli scopi che l’hanno ispirata. Ogni innovazione nasce, infatti, da un’intenzione. E purtroppo non sempre benefica.
Nel Coaching Umanistico abbiano trovato necessario specificare il significato del termine creatività. Un significato che tenga conto dei sentimenti, delle intenzioni e delle motivazioni che la ispirano, dei prodotti che la incarnano e soprattutto delle conseguenze di quei prodotti creativi nella vita degli esseri umani e del pianeta.
La definizione di creatività umanista è: la potenzialità (e non capacità o facoltà) dell’essere umano di generare nuove idee che migliorino la vita (e non solo che la innovino). Nella concezione di creatività del Coaching Umanistico, il vero (la conoscenza) è sempre subordinato al bene (l’umanità). La creatività porta con sé quindi anche una dimensione etica. Secondo questa nostra proposta, non si può parlare di creatività se non è messa al servizio del bene dell’essere umano e del suo mondo. Non stiamo dicendo che la conoscenza e la sperimentazione si debbano porre dei limiti. Il bene non limita il vero, ma lo ispira, lo indirizza, lo colora, lo illumina, lo eleva. La creatività umanista è la fonte e il mezzo di nuove visioni che possono ispirare la realizzazione di una convivenza umana più pacifica, più fraterna e più felice.
Ecco perché abbiamo scelto la creatività come tema di approfondimento del 2021. Ci immaginiamo che una creatività umanista possa essere di ispirazione per la creazione di un nuovo modo di vivere le nostre vite al pieno del loro potenziale giocoso e gioioso. In questo numero di Omega, abbiamo deciso di partire da un viaggio nelle organizzazioni creative. Oggi come oggi, generare un’organizzazione umanisticamente creativa passa necessariamente dall’innovare le relazioni che la compongono affinché siano sia benefiche sia prolifiche. La creazione di relazioni completamente nuove è la sfida che le organizzazioni devono necessariamente affrontare già oggi.
Luca Stanchieri apre il numero con un salto nel Rinascimento, portandoci a conoscere l’artista Raffaello non solo attraverso le sue opere, ma attraverso la sua capacità di innovare l’arte e sviluppare il suo talento attraverso la miriade di relazioni benefiche e stimolanti che ha intessuto nella sua vita. Raffaello era, a mio parere, una di quelle persone che hanno una aprioristica fiducia nell’altro. Era come se ogni persona che lo circondava potesse essere un suo potenziale alleato nello sviluppo del suo talento e della sua opera. Gentile, curioso e anche molto ambizioso, Raffaello crea una bottega dove delega valorizzando le attitudini e i talenti dei suoi collaboratori, dove impara continuativamente dai maestri del tempo, studiando e innovando le loro tecniche, dove trasforma ogni committenza in una sperimentazione che non solo soddisfi, ma stupisca il cliente. Luca ci trasporta in un passato vivo e anche attuale mostrandoci in che modo Raffaello, attraverso la sua passione “bulimica” per la vita, come la definisce la sociologa dell’arte Silvia De Angelis, ha intessuto il complesso panorama delle sue relazioni con i propri collaboratori, con i committenti, con i maestri del tempo, con amici e amanti che sono state la fonte e il mezzo dello sviluppo del suo talento creativo e imprenditoriale.
Marina Alini nel suo articolo ci spiega la differenza tra creatività e creatività umanista, ispirata dal bene e che contribuisce al bene comune. Il caso esemplificativo che porta Marina è tratto dalla cronaca recente. La Scuola di Vasto, durante il primo lockdown, grazie al forte legame dei suoi insegnanti e dirigenti con il territorio, ha trovato un modo anticonvenzionale di permettere ai suoi studenti di continuare le lezioni. Non ve lo spoilero…
Nell’articolo di Barbara Mitelli, sull’innovazione dei paradigmi, capiremo perché è così difficile innovare e cosa significa per un’organizzazione innovare creativamente i suoi paradigmi culturali per affrontare il cambiamento. L’autrice ci accompagnerà nello studio di quegli aspetti che nelle organizzazioni favoriscono la creatività e allo stesso tempo ne beneficiano.
La creatività nelle organizzazioni si declina come valore culturale. In un contesto specifico come quello dell’azienda, quali sono quindi le differenze tra una cultura che reprime la creatività e una che la favorisce e moltiplica? Con Roberta Gandini analizzeremo in dettaglio la sfida del prossimo futuro per le aziende: passare da un modello di management by objective a un modello di management by culture.
Nel mio articolo mi focalizzo invece sul primo aspetto necessario per determinare un cambiamento in un’organizzazione, ovvero l’innovazione della visione. Attraverso l’esplicitazione, l’elaborazione e la co-creazione di una nuova visione, come reale strumento di lavoro e non come strumento di marketing, l’organizzazione sceglie la strada che vuole percorrere. Vedremo come l’immaginazione della qualità della miriade di relazioni che la organizzano sia determinante.
Un’organizzazione è spesso composta da team di lavoro. Ma come costruire un gruppo creativo di successo? Quali elementi li caratterizzano? Ce lo racconta Patrizia Breschi, focalizzando in modo particolare sull’importanza del ruolo di un leader positivo e portando l’esempio della visione di Stephen Spurr, Head Master della Westminster School.
Interessanti in questo numero i contributi dei nostri coach partner. Stella Carella ci racconta con grande afflato teorico la storia del termine “creatività” e l’evoluzione del suo significato. Gianluca Arena ci porta in un viaggio in cui approfondisce la creatività come potenzialità e competenza relazionale che migliora la vita delle persone che compongono la relazione stessa. Lorenza Pellegri ci esemplifica, con il suo stile fresco e la sua altissima competenza nel settore dell’advertising, come la creatività diventi anche competenza tecnica specifica, ovvero l’insight, esemplificando benissimo, seppur non esplicitandolo, come in realtà si realizzi e alleni sempre attraverso le relazioni.
Il numero si chiude con una recensione del libro Tutto d’un fiato di Cristian Fracassi, un’opera autobiografica che racconta di come il proprio ingegno e le proprie risorse possano essere messe al servizio della difesa della vita altrui. È il caso delle valvole per respiratori realizzate per un ospedale bresciano nel periodo del picco di contagi e delle famose maschere Decathlon trasformate in respiratori. Barbara Mitelli rilegge la storia di questo imprenditore con le lenti del Coaching Umanistico.
In conclusione, il progresso è legato a doppio filo con la creatività. In definitiva possiamo dire che il progresso non è la naturale conseguenza del succedersi delle vicende storiche nel tempo, ma è una scelta. Una scelta che comporta un’incredibile opera creativa di elaborazione lungimirante di ciò che è bene. Se paragonassimo la durata della storia dell’universo a quella di un giorno, l’essere umano apparirebbe sulla Terra circa 3 secondi prima della mezzanotte. Come esseri umani abbiamo l’incredibile e, per quanto ci è dato sapere, unica possibilità di mettere la nostra creatività al servizio della vita. Sarebbe meraviglioso se il nostro potere creativo come individui e come umanità lo pensassimo con il respiro delle prossime “24 ore” di vita dell’universo. Ogni idea, ogni opera e ogni organizzazione tenderebbero allora verso una comune visione futura di una società in cui gli esseri umani collaborano e si prendono cura gli uni degli altri. Già da oggi ogni organizzazione può mettersi al servizio di questo progetto e può diventare essa stessa un luogo che contribuisce a realizzare la felicità delle persone che scelgono di farne parte, un luogo dove tutti lavorano per il miglioramento della vita del pianeta e dell’umanità. In alcune organizzazioni questo sta già diventando realtà.
luna.tovaglieri@scuoladicoaching.it
[1] Maurizio Pancaldi, Mario Trombino, Maurizio Villani, Atlante della filosofia: gli autori e le scuole, le parole, le opere, Hoepli Editore, 2006 p.204
[2] https://www.treccani.it/enciclopedia/l-era-del-petrolio_%28XXI-Secolo%29/
[3] Nuovismo: Esaltazione acritica del nuovo, delle novità, del cambiamento.