Quando pensiamo alla creatività, ci vengono in mente opere di ingegno, innovazioni tecnologiche, scoperte scientifiche, opere d’arte. Guizzi, intuizioni, ingegni geniali si manifestano in oggetti, idee, opere che ci sorprendono, ci suscitano ammirazione, ci evocano bellezza, talento, grandiosità. Ma il paradigma dominante, che vede l’oggetto quale frutto della creatività, perde di vista non solo il processo che sfocia nell’atto creativo, ma tutto ciò che sfugge immediatamente dall’essere una “cosa terza” che il creativo condivide con il suo spettatore. Esiste infatti una dimensione fondamentale che è oggetto di creatività che è la relazione umana. Anche qui troviamo straordinarie opere di ingegno che hanno sviluppato, organizzato, rinnovato le relazioni umane. Pensiamo alle lingue e alla scrittura, due opere potentissime che sono state frutto della nostra creatività come specie, come comunità, come esseri relazionali per eccellenza. La lingua e la scrittura non erano certo dati dalla natura, ce li siamo inventati, li abbiamo creati per migliorare la vita. E lo abbiamo fatto attraverso secoli di relazioni il cui intento era comunicare, comprendere, condividere. Ma quante e quali sono le forme relazionali che sono soggette a creatività? E come si manifesta questa creatività relazionale?
Se la creatività è quella potenzialità umana in grado di produrre idee che migliorano la vita, la sua origine è sentimentale. Il sentimento come motore affettivo mosso dalla ricerca e dalla intenzionalità di bene è la facoltà che ispira la creatività, la muove, la sospinge in un lungo processo di allenamento, fatto di ricerca, di scoperta, di errori e di invenzioni. Il sentimento primario di amore per la vita ispira i sentimenti relazionali (fra le persone) e situazionali (in relazione a campi simbolici, come la vocazione), ma solo i significati permettono al sentimento di rafforzarsi oppure di reprimersi. Il sentimento ispira una ricerca culturale che lo incarni, ma poi rientra nel processo verificandone il bene.
Raffaello è stato uno degli artisti più talentuosi e significativi e certamente uno dei più prolifici. I disegni, gli affreschi, i quadri, i progetti architettonici sono incredibili. Ma le sue opere nascono dalle sue relazioni. Il mondo relazionale di Raffaello è all’origine della sua creatività artistica ed è al contempo frutto della sua creatività culturale e sentimentale, creatività che ha sempre coltivato con cura, disciplina, perizia. E’ stata una creatività densa di affetto verso il prossimo. Vasari ha ben evidenziato le potenzialità di Raffaello che furono alla base della sua creatività relazionale: “fu dalla natura dotato di tutta quella modestia e bontà”, di natura gentile, una graziata affabilità, dolce e piacevole con ogni sorta di persona e in qualunque maniera. Aveva le “più rare virtù dell’animo, accompagnate da tanta grazia, studio, bellezza, modestia e ottimi costumi, quanti sarebbero bastati a ricoprire ogni vizio”.
Studiare Raffaello significa poter apprendere dalla storia dell’arte quegli allenamenti, esercizi e tecniche funzionali allo sviluppo del talento che sono alla base del Coaching. Significa però soprattutto studiare l’Umanesimo, che è l’elemento fondamentale che un coach incarna come capacità di cogliere valori, potenzialità e talenti che servono alle persone perchè abbiano una vita più felice. Le basi dell’Umanesimo sono vastissime. Raffaello è uno degli umanisti più rivoluzionari, fortemente convinto che la vita possa essere felice, qui e su questa terra. Viveva con così tanta convinzione i valori dell’Umanesimo che questo potrebbe essergli anche costato la vita.
Studieremo tutto questo nel seminario “Lezioni pratiche dalla storia: il talento creativo e imprenditoriale di Raffaello”, il 5 dicembre. Io e la storica dell’arte Dott.ssa Silvia De Angelis vi aspettiamo per intraprendere questo viaggio nel tempo e apprendere dalla vita di Raffaello, genio artistico straordinario e talento umanista rivoluzionario.