Ogni edizione del Master in Coaching Umanistico è diversa, come lo è ogni individuo e ogni relazione di coaching. Dire che il corso appena partito è speciale sembrerebbe un atto demagogico. Me ne infischio e lo dico uguale: è partito un corso dal potenziale straordinario e ne sono felice! Cerco di motivare il perché.
In primo luogo, è la prima volta che in questa sorta di terra di mezzo, il nostro setting fra il virtuale e la presenza, ho avuto modo di essere affiancato dai docenti Luna, Barbara e Patrizia, tutte insieme (di solito siamo divisi tra Milano e Roma). Per me è una gioia straordinaria condividere con loro la responsabilità di questo percorso.
In secondo luogo, hanno partecipato decine di uditori, miei ex allievi, oggi coach o professionisti che usano il coaching e questo muove i miei più intimi sentimenti di gratitudine, riconoscenza e affetto.
E poi i nuovi allievi e le nuove allieve. L’intera giornata è stata dedicata a condividere riflessioni, aspettative e obiettivi con tutti i partecipanti. E grazie a loro è emersa una straordinaria ricchezza umana, professionale e personale che pone alla Scuola obiettivi di formazione/coaching che siano all’altezza. Le domande e le riflessioni poste hanno trasformato l’aula in un laboratorio di ricerca umanista che è raro trovare nella normalità. Gli argomenti sembrano i più disparati: come il coaching può essere utile per i giovani, per i genitori, come affrontare la relazione valoriale fra il bene e il bello, come allenare all’amore di sé senza che sia una deriva narcisistica, come l’eudaimonia degli antichi ci può ispirare nella ricerca di una vita soddisfacente oggi, come allenare a un’autentica cura di sé che sia di elevazione e di azione, come alimentare la resilienza e la trascendenza di fronte alle difficoltà, che contributo possiamo dare a una leadership maschile e femminile, umanista e positiva e a coniugare benessere ed efficienza nelle organizzazioni. Ma questa disparità di quesiti e assi di lavoro è stata sempre attraversata da un pacato e forte amore per la vita, un sentimento da cui personalmente mi sento ispirato e sfidato.
Il coach umanista come allenatore/innovatore culturale deve mostrarsi capace di allenare le persone a liberare la vita, allenando il potenziale benefico che le caratterizza. Questa classe in formazione e i suoi propositi, così differenti così simili, rappresentano una sfida meravigliosa che è appena partita. Studieremo molto, ci eserciteremo ogni giorno, troveremo modi di relazione nuovi, costruiremo la possibilità di incontrarci fisicamente durante il corso con tutti gli allievi e i docenti. E sullo sfondo le persone con cui lavoreremo, i nostri clienti, allievi, fellow, emergeranno sempre di più, faranno il loro ingresso con le loro domande, i loro obiettivi e le loro potenzialità ogni giorno. Studieremo per loro, con loro e grazie a loro, perché in questi anni ci hanno insegnato tantissimo sull’arte più complessa che è l’arte di vivere una vita felice e dignitosa con gli altri e per gli altri.
Un caloroso benvenuto a tutti gli allievi nella Scuola di Coaching Umanistico, con la speranza che fino in fondo diventi la vostra Scuola.
Luca Stanchieri