Amare è comunque un salto nel vuoto. Chi crede di farlo calcolando in anticipo premesse e conseguenze, non saprà mai cos’è l’amore. E’ una scelta fatta di slancio, generosità, abnegazione. Soprattutto all’inizio non importa di amare in deficit, non ci importa che il desiderio sia contraccambiato. Se non abbiamo paura di essere respinti, feriti o ingannati, riusciamo a esprimere la parte migliore di noi stessi: l’immaginazione, la disponibilità, l’entusiasmo verso l’altro come se una luce si fosse accesa illuminando ogni cosa. E’ uno stato di grazia che ci fa sentire più vivi, più leggeri, ottimisti. E’ il sentimento che muove le nostre corde più profonde, che muove alla vicinanza, alla condivisione, alla conoscenza, alla ricerca di intimità.
Ma proprio questo stato nascente dell’amore è anche il più pericoloso. Si scambia il sentimento con la relazione, la quale per definizione non può essere atto unilaterale. Perché il sentimento evolva deve incontrare sentimenti e desideri dell’altra persona. L’amore è conoscenza ed evolve se incontra la reciprocità. La reciprocità va cercata, scelta, sostenuta, verificata. Ma quando l’amore come slancio individuale viene sostituito dalla pretesa possessiva, la conoscenza viene repressa o negata o manipolata. I desideri e le aspettative dell’altra persona vengono ignorati, trascurati, sottovalutati. Quella persona si muove verso di noi? O non si muove? Oppure arretra?
Quando la conoscenza viene meno, quando i desideri la sostituiscono anche con le migliori intenzioni, cominciano grandi problemi e grandi sofferenze, per chi prova amore ma anche per chi dovrebbe essere oggetto di amore. Nascono così incomprensioni, allontanamenti, inimicizie. L’amore viene sostituito da una logica impositiva. La volontà di sottomettere l’altro si maschera da amore “disperato” e, nel peggiore dei casi da amore “malato”.
L’amore in tutte le sue forme, ha un legame inscindibile con la ricerca del bene e della felicità. Ma come relazione ha bisogno di una volontà reciproca di incontro. La reciprocità permette la conoscenza, la frequentazione, lo scambio e la verifica. Il sentimento evolve e cambia con la relazione, e questa per essere relazione di amore deve essere scelta e sentita da tutte le parti in causa. Sentimento e relazioni non coincidono necessariamente. Sentimenti di amore troppo grandi anche nel loro incontro possono costruire relazioni che sembrano sempre insufficienti, come se tutto fosse importante ma niente è sufficiente. Le persone che provano sentimenti di amore possono anche rinunciare a una relazione di amore se vedono che ci sono condizioni, circostanze, altrettanto benefiche per cui una relazione di amicizia è la soluzione migliore. Sentimenti di amore si possono incontrare con sentimenti di amicizia, e la relazione che nasce non necessariamente è motivo di frustrazione. Così sentimenti di amore possono concretizzarsi in relazioni di amicizia o di frequentazione a distanza.
Una buona relazione di amore allena anche nell’arte del mancarsi, che non è pretesa possessiva frustrata. Conoscono tutti le notti insonni, le telefonate che non arrivano, i dubbi e gli smarrimenti, le distanze imposte dalle circostanze. I dolori che nascono dal non poter coltivare e vivere la relazione. Ma se ben pensati, se ben condivisi e coscienti, questi dolori non spostano la bellezza di amare e essere amati. Ma quando l’amore inizia con gioia e termina col dolore qualcosa di profondo non ha funzionato.
Il sentimento di amore come la relazione è un sentimento dinamico. Evolve, si rafforza, si solidifica nella coscienza comune. Le vocazioni, le prospettive, le caratteristiche che si mettono in campo e si condividono, anche passando “brutti momenti”, sono fondamentali per la vita della relazione e dei sentimenti. Oggi, al posto del modello “amore eterno”, c’è un sentimento e una relazione che sono friabili. Basta un errore, un intoppo, un’incomprensione per una rottura che era evitabile, manca il dialogo intorno alla relazione e alla sua evoluzione, intorno ai sentimenti. La coppia, come modello, non viene rifiutata per critiche costruttive al regime patriarcale ma per individualismo. Come se lo stare da soli e il non identificarsi in un noi, aumentasse il grado di libertà. La libertà di essere soli. All’opposto quando la relazione è consolidata, il darsi per scontato, il non conoscersi, la fine della reciprocità determina convivenze che sono destinate a deprivarsi di senso e di significato. Quando se ne prende coscienza è troppo tardi.
Verrebbe da dire che l’amore oltre a essere un sentimento e una relazione è una competenza. Per amare, bisogna imparare, apprendere, sottoporsi a un allenamento e a un’educazione sentimentale. Siamo bombardati da paradigmi ammantati da amore. La gelosia per esempio. La paura di “perdere” una persona che scatena controlli e violenze, inchieste e interrogatori, pedinamenti e oppressioni. Fa parte delle nostre vite. Cercare perlomeno di esserne coscienti, minimizzarla, metterla in discussione come miseria personale, potrebbe essere un primo passo. Se non per eliminarla, perlomeno per “disarmarla”. La gelosia infatti allontana e produce sofferenza.
L’amore dovrebbe generare bene e felicità. Altrettanto deleteria è la dimensione del ricatto emotivo. Sapere che l’altro/a non prova lo stesso sentimento non può essere occasione del dramma esistenziale da riversargli addosso, delle lacrime infinite, del dolore che priva la vita del suo significato. Questa modalità di reazione (spesso magari è proprio questo che allontana) in realtà è espressione del sentimento di disprezzo nei confronti della vita in generale e della vita dell’altro colpevole di provare qualcosa di diverso. E’ allora che l’oggetto d’amore deve pagare perché colpevole di aver causato la sofferenza. Non sto parlando del sano dolore che si accompagna alla gratitudine di aver conosciuto una persona degna di amore, sto parlando della devastazione interiore che viene fatta pesare a chi non ha fatto altro che scegliere liberamente chi, come, quando e in che modo amare. Cosa che dovrebbe essere rispettata e amata proprio da chi prova amore non corrisposto. Non è un’utopia folle e buonista, dovrebbe essere la conseguenza dell’amore stesso, anche di quello non corrisposto. Semmai è assurdo quella dimensione opposta che pervade la quotidianità e che porta numerosi maschietti a usare violenza per affermare il loro “amore”.
In realtà, i grandi amori come le grandi amicizie hanno bisogno di tempo. Più sale il sentimento e la relazione, più c’è bisogno di conoscenza, di ricerca, di coscienza comune. Uno sguardo, una carezza, un bacio, un abbraccio non sono mai semplici nell’amore. E qualunque gesto di amore rimane per sempre nella vita di una persona. Non si dimentica. A prescindere da come evolve la relazione.
Il sentimento di amore è tanto importante da aver richiamato su di sé tantissima attenzione ma è altrettanto sfuggente, straziato da paradigmi oppressivi, da ideologie possessive, da compensazioni ultimatiste da mandare all’aria ogni tentativo di definirlo. Le parole sgusciano via proprio quando se ne parla.Non ci può essere relazione senza reciprocità sentimentale, ma poi questa va nutrita con il dialogo. Una relazione forgia una coscienza, una cultura locale, come un microrganismo collettivo dotato di personalità. Ma senza dialogo, senza parole, senza confronto sui propri sentimenti, senza condivisione dei propri disegni relazionali, senza costruzione progettuale comune, anche il più forte dei sentimenti è destinato a sciogliersi.
L’amore è conoscenza reciproca. Intima, profonda, complessiva, straordinariamente impegnativa, fragile e solida al tempo steso, piena di ombre e di luci, di dolori e slanci di straordinaria felicità. E’ tutto ciò ma non è semplice. L’amore è il sentimento più grandioso e più complesso che esiste. Eppure ha questo di straordinario: è sempre lì, a un passo da noi, dove magari siamo già passati senza degnarlo di uno sguardo.
Luca Stanchieri
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