A cura di Luca Stanchieri e Marina Alini
Premessa
Il bullismo si basa su tre fattori correlati: 1. Asimmetria nei rapporti di forza fra bulli e vittima; 2. Intenzionalità del male sia psicologica che fisica; 3. Persistenza nel tempo. Può essere un bullismo diretto o indiretto. Quello diretto è immediato, violento, palese. Ultimo fenomeno è quello di due giovani che spegnevano le sigarette su un ragazzo disabile, ricoverato nove volte all’ospedale[i]. Quello indiretto è più diffuso e difficile da cogliere: tende a danneggiare la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, escludendola e isolandola con pettegolezzi e calunnie sul suo conto.[ii]
Quello indiretto si confonde con normali dinamiche di relazioni fra pari (amicizia, invidia, gelosia, scherzo, divertimento). E’ difficile distinguere fra lo “scherzo” e la “persecuzione”, soprattutto per la vittima. Eppure sappiamo che, in alcuni casi, il bullismo può essere causa di suicidio.[iii]
Come coach e come Scuola siamo stati i primi a creare interventi di coaching per scuole, adolescenti e insegnanti. Uno dei più frequenti motivi di intervento sta nell’allenare l’adolescente a sviluppare con successo due compiti evolutivi decisivi: la differenziazione (ovvero la formazione dell’identità, dell’autonomia, della visione del mondo) e l’integrazione (ovvero la capacità di farsi amicizie e di integrarsi nel gruppo dei pari). Il bullismo, indiretto, sottile, discontinuo, è uno degli ostacoli maggiori a raggiungere questi due obiettivi. Per questo abbiamo intervistato 18 ragazzi e ragazze di un liceo di Brescia ponendo loro tre semplici domande: 1. Cosa intendi per bullismo; 2. Che conseguenze ha; 3. Come ci si può difendere.
I risultati sono estremamente interessanti.
Definizione di bullismo e diffusione
Con le risposte che abbiamo avuto, abbiamo costruito una specie di ipertesto mettendo insieme le frasi delle risposte in un’unica sequenza narrativa. Ecco cosa ne emerge:
“E’ un fenomeno di gruppo fatto da persone che cercano di trattare male, abbattere o distruggere una persona puntando sulle sue fragilità, sui suoi punti deboli, come aspetti fisici, etnia, o qualunque altra cosa. Può trattarsi di un disabile ma anche di un qualunque altro ragazzo o ragazza. Il bullismo può essere fisico, facendo violenze all’altra persona, o psicologico tramite lo scherzo, il sarcasmo, l’isolamento, prendendo come spunto le caratteristiche di questi ragazzi che sono considerati inferiori o diversi. Si può deridere una persona, ironizzando sulle sue debolezze, mettendola a disagio, ferendo la sua persona e il suo modo di essere, oppure escluderla; il tono e il modo con cui lo si fa esprime cattiveria; può essere fatto in classe, per strada o tramite internet. Quando qualcuno ti prende in giro per i tuoi difetti o punti deboli, chi lo subisce comincia a sentirsi una persona sbagliata. Dirsi vittima di bullismo è difficile perché è come ammettere di essere debole. E’ più diffuso alle medie e alle elementari che nella scuola secondaria. I bulli si fanno forza del gruppo. Il gruppo può essere costituito anche da femmine contro altre femmine. Il bullismo femminile è più devastante perché riesce a fare ferite psicologiche più profonde. Ci sono quelli che diventano bulli dopo aver subito il bullismo. Le loro sofferenze e le loro rabbie represse li fanno diventare bulli contro gli altri. Essere un bullo significa anche atteggiarsi in modo arrogante e prepotente con gli altri, per essere qualcuno, per conquistare un ruolo. Tutti almeno una volta commettono atti di bullismo. Il bullismo è anche involontario. Si inizia a scherzare, inizia uno e lo fanno tutti, non c’è la persona che dice di smetterla. Alcune persone se le prendi in giro ridono, altre soffrono. I motivi possono essere: cattiveria, frustrazione, divertimento, insicurezza personale.”
Nel descrivere che cos’è il bullismo, 12 dei ragazzi che sono stati scelti a caso (il 66,6%!!) ha descritto episodi di bullismo che gli sono accaduti o a cui ha assistito. Li riportiamo letteralmente:
- 1. “E’ diffuso soprattutto alle medie perché ci sono ragazzi più grandi che stanno con quelli più piccoli.”
- 2. “Alle medie, due più grossi di me solo perché davo attenzione a una ragazza che piaceva anche a loro, ho finito per fare a botte sulle scale, la colpa alla fine è andata a loro perché una professoressa aveva visto tutto,… però mi ha fatto male.”
- 3. “Accade anche in discoteca; ti danno una spallata apposta per passare e se vedi che chi è passato è più grosso fai finta di niente.”
- 4. “Quando ero alle elementari, le mie compagne di classe mi trattavano male, erano gelose perché io (è una studentessa, ndr) stavo di più con i maschi e mi facevano i dispetti. I miei genitori si stavano separando e le mie maestre, che sapevano, mi stavano molto vicine. (…) le altre non mi parlavano, mi escludevano oppure mi dicevano che ero stata adottata perché ho i lineamenti orientali. Io non lo avevo detto alla mamma e quando tornavo a casa, andavo a piangere in camera. E’ andata avanti dalla 2° alla 5° elementare. In 4° non volevo più andare a scuola. È allora che l’ho detto a mia mamma. Mi ricordo che non volevo dirlo perché lei aveva già i suoi problemi e non volevo farla preoccupare. Lei è andata a parlare con la scuola. Secondo me le femmine sanno essere più cattive, non ti picchiano ma dicono delle cose che ti restano. Io dopo un po’ credevo veramente di essere stata adottata, io ci credevo.”
- 5. “Se trovano qualcuno che è gentile e pensa ai fatti suoi, può essere attaccato. A me è successo alle medie. Uno della mia classe, che era stato bocciato, si comportava diversamente rispetto a noi, era prepotente con tutti, anche con me. Io ricordo che provavo molto fastidio, a volte stavo male, però facevo finta di niente. Se ci penso ora, credo che mi comporterei diversamente, gli direi di non infastidirmi, riuscirei a difendermi. Allora preferivo tacere. È andata avanti fino alla fine della III media.”
- 6. “In un ambiente come la scuola, una persona vittima di bullismo ha anche paura di parlarne, io non verrei neanche più a scuola…io avevo un compagno che mi prendeva in giro un sacco e quell’anno mi era uscita la psoriasi, mi era uscito di tutto. A livello mentale il bullismo è più pesante, è quello più diffuso e non si vede, se sono botte ok, succede a scuola e il bullo viene sospeso, quello psicologico sfugge, a scuola cosa fai? A me dicevano “hai il nasone”, “hai il nasone” e lì cosa fai?”
- 7. “Avevo delle compagne che mi dicevano: “hai il nasone, hai il nasone, io il mio naso non l’avevo mai considerato, non sapevo neanche di averlo, ed io l’ho rifatto, bisogna sapere, da parte di chi offende, che non tutti la prendono per una battuta.”
- 8. “Se uno va dall’insegnante, che mette una nota al bullo, poi le cose diventano più pesanti. Conosco un bullo che aveva due anni più grande di noi alle medie, se la prendeva sempre con un mio compagno che era il più bravo. Gli buttava lo zaino dalla finestra, lo prendeva in giro, negli spogliatoi prendeva i suoi vestiti e li buttava nel lavandino bagnandoli. L’hanno sospeso ma poi l’hanno promosso e poi bocciato di nuovo in terza. Ai genitori di questo bullo non gliene fregava niente…”
- 9. “Ricordo che quel bullo quando prendeva una nota poi faceva lo spaccone, si vantava perché riusciva a far arrabbiare gli insegnanti.”
- 10. “O il ragazzo si arrabbia talmente tanto e decide anche lui di fargliela pagare, oppure ne soffre può stare zitto e tenere tutto dentro oppure può dirlo ai genitori e ai professori. Quando è capitato a me, eravamo sulle scale, loro mi hanno fatto lo sgambetto da dietro, sono caduto, ho cercato di reagire, ma loro erano in due, poi fortunatamente un professore ha visto tutto, è arrivato, ci ha separati e mandati tutti e tre dal Preside. Poi mi hanno mandato a medicare. Prima di questo mi davano segnali di avvertimento, mi guardavano male, mi tiravano le spallate. Facevo finta di niente, non ci facevo caso, non immaginavo, anche perché sono un ragazzo calmo.”
- 11. “A me alle medie tutti mi dicevano: anoressica, anoressica, anoressica… A me non dava fastidio. Però sentirselo dire tutti i giorni… Un po’ ci riflettevo anch’io, ed era anche vero che io in prima media pesavo 24 chili per cui… era sicuramente vero, però io non me ne ero resa conto.”
- 12. “Se ci ripenso ora mi viene da ridere…ma allora… ero piccola quando subivo le prepotenze delle mie compagne, ma capivo che anche a mia mamma le cose non andavano bene e non volevo darle un problema in più. I miei genitori litigavano, ma mia mamma non mangiava più, stava scomparendo, non volevo darle un’altra preoccupazione”.
Le conseguenze
Le conseguenze che vengono descritte, sono state combinate in un unico ipertesto. Eccolo:
“Quello fisico può essere risolto. Quello mentale ha conseguenze maggiori. Si rovina la vita di una persona. Le vittime possono rimanere segnate a vita. Anche se sono cose poco importanti, sono fenomeni che spingono il ragazzo a riflettere su se stesso, si pone dubbi su di sé che non avrebbe. E’ una cosa che segna, sono episodi che ti fanno cambiare. Perdi la fiducia in te, perché ti senti un escluso e ti senti inferiore a tutti, non solo ai bulli. Ti vengono fuori dei complessi e cominci ad avere paura di socializzare. Puoi rinunciare alla scuola o puoi cambiarla. Diventi introverso, non ti fiderai mai più delle persone, non cercherai di farti nuovi amici o conoscere nuove persone.
Chi è vittima del bullismo, è una persona che cerca di estraniarsi, di isolarsi dalle persone, per paura di essere giudicata o criticata, si deprime e può arrivare anche al suicidio. Si chiude molto in sé stesso, ha paura di esprimere i suoi pareri e i suoi desideri. Ti formi un’idea del mondo sbagliata.
Chi subisce si mette in una posizione di impotenza: non parla perché teme che lo vengano a sapere gli altri; gli amici ti dicono di reagire, ma tu non ne hai la forza; se i genitori intervengono, il bullo si arrabbia ancora di più.
Alcuni passano da vittima a bulli per sfogare la loro rabbia. Altri invece cominciano a fortificarsi.”
Le Soluzioni
Le soluzioni sono descritte riportando le singole frasi, perché i ragazzi propongono soluzioni molto diverse fra di loro.
“Bisogna essere forti di nostro. Non ci si deve abbattere, perché siamo quello che siamo e dobbiamo amarci.”
“Non si deve dare nell’occhio, ma è un’arma a doppio taglio. Se non dai nell’occhio sei ancora più fragile. O diventi uno dei bulli oppure te li fai amici, tenti di fare un accordo”.
“Il miglior modo per sconfiggere il bullismo è ignorarlo, non farsi coinvolgere dagli insulti e dagli scherzi. Stargli lontano. Bisogna resistere e cercare di evitare lo scontro.”
“Le punizioni non servono a modificare i comportamenti dei bulli, perché diventano ancora più prepotenti.”
“Bisogna reagire allo stesso modo perché non si può essere schiacciati. E bisogna reagire subito senza aspettare.”
“Le persone più deboli devono prevenire la depressione e rivolgersi a degli specialisti come lo psicologo. Anche se nella scuola, spesso uno psicologo non c’è. Ci sono scuole che organizzano incontri di massa, ma non risolve nulla. Il discorso deve essere individuale. Si potrebbe anche parlarne a un amico o a una persona di famiglia o a una persona di cui ci si fida.” “
Le famiglie a casa dovrebbero prestare più attenzione e trasmettere più valori e regole perché comunque ci sono ragazzi che si permettono di fare tutto quello che vogliono.”
“Ci si difende parlando con tutti, genitori e insegnanti, soprattutto poi con gli amici perché sono più vicini, non abbassare mai la testa, guardarli sempre dritto in faccia.”
“Purtroppo una vera soluzione non c’è. Se si parla con gli insegnanti è inutile, soprattutto nella scuola pubblica, non ti ascoltano.”
Breve commento
Dalla descrizione che ne fanno i ragazzi e dal racconto delle loro esperienze personali, emerge una forma di bullismo indiretto ma feroce. Lo abbiamo definito bullismo narcisistico. Nasce dalla cultura dello “scherzo” e si tramuta in una tortura psicologica. I bulli narcisistici sono ragazzi come tutti gli altri, sono come le loro vittime. Esiste una leggera asimmetria, tant’è che i ruoli si possono rovesciare. Si prendono di mira “difetti” fisici (lineamenti, naso, corpo, viso, ecc. ecc.) o posture comportamentali (riservatezza, evitamento, timidezza, perfomance scolastica). Il target del bullo è il processo di differenziazione della vittima, che investe la formazione dell’identità e il rapporto con il corpo, o quello di integrazione, che riguarda il modo con cui ci si comporta in classe o con gli amici. Prendendo di mira i “difetti” altrui, il bullo cerca di rafforzare la sua immagine personale e sociale. E’ un bullismo narcisistico perché chi lo attua ne ricava vantaggi identitari a discapito di chi lo subisce. Il luogo è la scuola, in particolare la Scuola Media inferiore, ma può accadere anche alle elementari. Il bullismo si origina nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza, che è il momento di ricerca, sperimentazione, creazione della nuova identità e di nuovi amici, fuori dalla tutela super organizzata degli adulti. Il bullismo indiretto è dotato di notevole acume psicologico, utilizzato per divertirsi facendo del male agli altri: si devono trovare i punti deboli di un/una ragazzo/a normale per farli diventare l’oggetto della persecuzione (sotto forma di scherzo, sberleffo, battuta persistenti nel tempo).
Le conseguenze sono terribili. Chi lo ha subito parla di difficoltà a costruire un’immagine di sé positiva, comincia ad avere difficoltà nell’integrarsi, cambia la sua visione del mondo, sperimenta la rinuncia, il ritiro, la diffidenza, l’impotenza, la paura, il disagio.
Le soluzioni: l’allenamento alla tolleranza, alla convivenza e all’amicizia.
Per quanto il bullismo origini da cause anche psicologiche e abbia conseguenze psicologiche, il piano che lo permette è esclusivamente culturale. Esprime, infatti, una cultura della convivenza fatta di disprezzo. E’ il disprezzo che fa ridere, divertire da una parte e che ferisce, tortura dall’altra. Il disprezzo per l’altro produce e si manifesta in offese, oltraggi, insulti ripetuti nel tempo. La vittima è colpevole di essere sé stessa. Oggetto di disprezzo altrui, sperimenta una violenza che è al di fuori del suo controllo. Comincia a domandarsi se c’è qualcosa di sbagliato in lui che ha scatenato la sequela di insulti. Si sente debole sia se subisce sia se denuncia. Fuoriuscito dall’ambito dell’infanzia, è convinto che queste questioni vadano risolte da soli. Se le denuncia, sente di ritornare bambino. Se non lo fa, si sente impotente. Da qui la confusione sulle soluzioni che propongono gli stessi ragazzi; anche se in ognuna c’è un nucleo di verità. Quando un gruppo ti prende di mira fisicamente, ci si può difendere tramite gli adulti a causa della disparità dei rapporti di forza. Ma quando è un “amico” che lo fa per “scherzare e divertirsi”, la cosa si fa più complicata. Teniamo presente che il disprezzo è anche nei rapporti di coppia coniugale il predittore più sicuro del divorzio. Il disprezzo fa male sempre. Ragionare intorno al malessere che crea è il primo passo per la comprensione che il disprezzo, il sentirsi superiori, l’oltraggiare l’altro per vedersi migliori, più forti, più ganzi e non “sfigati” è il primo passo per una coscienza culturale che vede nel disprezzo una forma terrificante di relazione umana. L’antidoto al disprezzo è una cultura della tolleranza, del rispetto, della diversità che forgia lo sviluppo della convivenza pacifica. Non possiamo dimenticare il fatto che la Scuola è il luogo privilegiato del bullismo, perché si fonda sulla convivenza forzata. Il ragazzo deve affrontare un contesto fra pari che, se intriso di bullismo narcisistico, è avverso alla sua realizzazione, crescita e felicità. In una classe, si possono creare amicizie, alleanze, conoscenze, ma questa è solo una possibilità. La convivenza con i pari nella classe invece è una necessità imposta dalle circostanze. Nella classe si dà un microcosmo del mondo degli adulti, dove il disprezzo (che assume molteplici forme che vanno dal razzismo al maschilismo) si evince ogni giorno. Dal disprezzo bisogna difendersi. Ma come?
Gli adulti ne sono i responsabili. In particolare, la classe è un insieme di adolescenti a convivenza forzata, diretta da un leader e un coach culturale che è l’insegnante. Il primo presupposto della lotta al bullismo è l’insegnamento delle basi di un’autentica e pacifica convivenza, fatta di tolleranza, di rispetto, di diversità. Ma la trasmissione del sapere non basta. Bisogna incarnarlo e farlo assumere. Bisogna dare l’esempio e allenare i ragazzi. L’insegnante deve diventare un vero e proprio Coach. La cultura della convivenza non si trasmette solo in teoria. C’è bisogno di un allenamento pratico, concreto, quotidiano, fatto di azioni, parole, gesti, comportamenti, esercizi. La classe si può configurare come una palestra dove ci si allena al rispetto, alla comunanza e all’amicizia. Per questo l’insegnante è anche un coach. Anche quando si disinteressa delle questioni relazionali fra adolescenti, li sta allenando; solo che lo fa in negativo permettendo sacche di incredibile e gratuita infelicità. Al contrario, come allenatore culturale positivo, può permettere ai ragazzi di far in modo che la convivenza sia una palestra di amore e integrità.
Su questa base è l’insegnante che deve ricercare un’alleanza educativa mirata con i genitori. Alleanza che è fondata sull’educazione e sulla formazione culturale alla tolleranza e al rispetto delle diversità in una cultura di sviluppo della convivenza, che permetta ai ragazzi di svolgere i loro compiti evolutivi.
In secondo luogo, spetta al ragazzo avere quello spirito umanistico, critico e costruttivo capace di distinguere il divertimento dal bullismo. Lo scherzo si basa spesso su un rapporto di potere fra chi lo agisce e chi lo subisce. Lo scherza separa così come l’ironia diventa sarcasmo. Ci si unisce se invece di ridere di qualcuno, si ride insieme a qualcuno. Il divertimento, il gioco, l’ironia come comunanza e come amicizia si distanzia dal bullismo perché rende felici e non infelici. Sono straordinari allenamenti positivi.
Inoltre diventa fondamentale per l’adolescente lo sviluppo di capacità di operare, stringere, costruire alleanze fondate sulla visione comune dell’amicizia e della convivenza in classe. All’adolescente spetta anche il compito di allenarsi a difendere i propri pari e ad autodifendersi. Al bullismo bisogna reagire immediatamente sia se lo si subisce sia se si assiste. Si può reagire da soli o, ancora meglio, fare appello ai propri amici. L’amicizia fondata sul rispetto, la tolleranza delle diversità, il volersi bene è il migliore antidoto al bullismo narcisistico.
Infine è fondamentale appellarsi agli adulti. Nei casi di bullismo, il livello di repressione/punzione può essere opportuno, ma, come dicono i ragazzi, non è risolutivo, non è sufficiente e in molti casi addirittura dannoso. Agli insegnanti vanno ricordati i loro compiti di formazione nella cultura della convivenza. E questo possono farlo quegli stessi studenti che credono nell’apprendimento e nell’amicizia. E se lo fanno, possono insegnare qualcosa anche agli insegnanti stessi, come in queste interviste hanno fatto con noi, condividendo le loro esperienze.
Luca Stanchieri
Marina Alini.
[i] http://roma.repubblica.it/dettaglio-news/roma-17:57/18959
[ii] Bennett E. (2006) Peer Abuse Know More: Bullying From a Psychological Perspective (EN) U.S. Dept. of Justice, Fact Sheet #FS-200127
[iii] Kim YS, Leventhal B (2008). Bullying and suicide. A review. International Journal of Adolescent Medicine and Health 20 (2): 133–54. PMID 18714552.
Bibliografia.
Giuffredi, Stanchieri, Adolescenti istruzioni per l’uso, De Agostini