Esiste un potenziale malefico?
Appunti in preparazione del Percorso d’Eccellenza per Coach Umanisti
Che il male esista è certo e non serve dimostrarlo. Lo viviamo nelle nostre quotidianità. Il male va da un grado supremo a un grado minimo. Il male supremo è quello che nega la vita delle persone e distrugge i nostri habitat naturali, come l’assassinio o il riscaldamento globale. Il male minimo è la forma più lieve e meno dannosa del male come pestare per errore il piede di una persona per sbaglio. La caratteristica del male è la sua natura relazionale e culturale. Nasce da circostanze storiche, assume forme, mezzi e scopi diversi nel tempo. Pensiamo alla guerra. Non c’è sempre stata. Alcuni studiosi, come l’archeologa Marija Gimbutas, sostengono che le società del Neolitico europeo fossero prevalentemente pacifiche. E sono durate millenni.
Non esiste quindi il “male assoluto”?
Il male assoluto, ovvero quel male che va contro la vita ed è indipendente da circostanze e intenzioni, non può esistere. La vita è incompatibile con il male assoluto, che è assoluta negazione della vita. Gli esseri umani, almeno quelli organizzati in caste di potere politico-militare, ci sono arrivati però vicino. Pensiamo ai progetti nazisti o alla possibilità di una guerra nucleare.
Il male, dunque, non è assoluto ma nemmeno relativistico. Parlando di male, sono convinto che ognuno di voi ne ha un’idea che non si discosta in modo essenziale da quella dell’altro. Il male, dal punto di vista dell’umanità, è certo nella sua essenza antivitale, molto meno nelle sue infinite sfumature e contingenze. Lo viviamo e lo sentiamo, in quanto esseri umani. Come male supremo appare cristallino, ma nelle sue infinite gradazioni è spesso contradditorio, incerto, confuso, e, con buona pace della Arendt, mai banale. Il male dunque esiste. E se il bene implica la difesa e lo sviluppo della vita, il male è contrapposto al bene e alla fioritura della vita.
Dobbiamo allora pensare al mondo interiore come percorso da due correnti parallele che si intrecciano, si sovrappongono e confliggono? Come se bene e male fossero due elementi dotati di vita loro propria?
Se così fosse, il potenziale benefico sarebbe accanto a quello malefico e il nostro mondo interiore vivrebbe un dualismo di potere. In realtà, come umanisti siamo convinti che il potenziale umano sia benefico. E allora il male? Il male è una deformazione o una degenerazione del bene. È una deformazione quando ciò che pensiamo bene è falso sin dall’origine perché genera male in una delle dimensioni del bene (individuale, relazionale, comunitaria o ambientale- vedi articolo sul bene). È una degenerazione perché trova limiti, fragilità, ignoranze e ostacoli successivi che non sa affrontare o si perde nell’affrontarli.
Il punto di forza del male è che viene sempre giustificato e argomentato dal bene. Paradossalmente l’intenzionalità di bene, il potenziale benefico, è il più grande ostacolo al superamento del male. Chi fa la guerra, realizza un artefatto paradigmatico distruttivo e autodistruttivo, ma lo fa perché si sente vittima e vuole difendersi. Socrate diceva che chi fa il male, lo fa per ignoranza del bene. Se si scoprisse un bene armonico nelle quattro dimensioni, il male non avrebbe più ragione di esistere. Ma dopo duemila anni, non siamo più così certi che sia solo ignoranza. Sembra una questione di scelta. Razzismi, nazionalismi, individualismi, campanilismi hanno sostenuto la necessità di difendersi dal male altrui. Il nostro bene contro il loro, noi contro loro, io contro te. Siamo con Hamas o con il governo israeliano? Con Zelensky o con Putin? Il campismo tribale sembra non lasciare scampo.
Come si può quindi realizzare il potenziale benefico?
Per affermare il bene, ricercarlo e realizzarlo, per realizzare il potenziale benefico che appartiene all’umanità, abbiamo bisogno di tre cose: volerlo, dialogare per cercarlo, sperimentarlo insieme. È quello che si fa in ogni sessione di Coaching Umanistico. Un problema diviene un obiettivo di sviluppo che renda più felici le persone senza che nessuno si faccia male. Si nutre la speranza e si punta sull’amore per la vita, valorizzando la nostra libertà e creatività, le migliori potenzialità umane ispirate dai sentimenti. E i sentimenti, a differenza delle emozioni, sono scelti.
Si cambia il mondo una persona alla volta, a cominciare dal coach stesso.
Psicologo e Coach Umanista