Infelice? La colpa è degli Umanisti
Se oggi hai appena finito un dottorato e ti accorgi che non è il lavoro che fa per te, se hai vissuto una crisi relazionale e ti domandi che cosa sia l’amore, se hai poco più di venti anni e ti senti quasi un fallito perché non hai idea di come indirizzare la tua potenza vitale, se ti senti troppo grasso, troppo magro, troppo alto o troppo basso, se ti inquieta l’idea che qualcuno ti chiami anziano perché hai mille progetti davanti, se ti domandi quale è la causa di tanta violenza nel mondo e ti senti impotente, se senti di poter avere una vita felice ma non sai come… ebbene la colpa è solo degli Umanisti.
Sono gli Umanisti che ti hanno inculcato queste idee svalvolate. Le risposte potevi trovarle nelle generazioni precedenti. Dovevi studiare, trovare un lavoro che ti permettesse una vita dignitosa, sposarti, fare figli, andare in pensione e morire, sepolto nel cimitero del tuo paese. Potevi condire la tua vita facendo il tifoso, lamentandoti della politica, scaricando sugli immigrati ogni colpa, fumando cento sigarette e divertendoti con il cellulare. E invece ricerchi una vocazione, una relazione profonda e significativa, uno scopo che abbia senso, un posto nel mondo dove dire la tua. Ribadisco è colpa degli Umanisti.
L’Umanesimo, a partire da Socrate, dagli epicurei e dagli stoici, è nato ponendo e ponendosi le domande che ti assillano e sopporti a fatica. Prima del “so di non sapere”, predominava un modo di vivere diretto e ingenuo del mondo. I contadini lavoravano la terra, gli artigiani costruivano case, gli schiavi rendevano la vita più semplice, le donne proteggevano la vita altrui senza diritti, i giovani mandati alle guerre morivano in battaglia cercando fama e soldi, i bimbi subivano le molestie dei pedagoghi come fossero normali. A differenza tua, vivevano secondo i valori che venivano insegnati, si identificavano con essi. Questi valori dettati dai miti definivano una certa concezione del mondo, tramandata di generazione in generazione, che inculcava un certo modo di pensare i rapporti fra gli esseri umani, gli dei e il senso dell’esistenza. La polis come micromondo, gli usi e i costumi fondati sulla violenza e la sopraffazione di genere, le guerre infinite e i conflitti fra comunità, le pestilenze, la schiavitù come modo di vita normale erano teorizzati in un mondo mitico. Il bene e la verità non erano un problema come ti poni tu. Il mito degli dei e della polis era una risposta ad un’esigenza di sicurezza e di serenità, mai trovata in realtà. Nel mito i significati in cui si svolge la vita venivano vissuti come il bene supremo e vero.
Gli Umanisti sin dall’origine scoprono invece che il mondo e la vita possono essere interpretati in modo diverso. L’Umanesimo nasce quando emerge la coscienza che può esistere una diversa concezione del mondo, o meglio che il mondo e la propria vita non sono dei dati, dei compiti da svolgere prefabbricati, ma possono essere creati. Allora presero coscienza che la propria visione del mondo, fondata sugli dei e la guerra di dominio di una polis contro l’altra, di un uomo su un uomo, e di un uomo sulla donna, era una concezione del mondo fra le altre. Non era il vero e il giusto con le maiuscole, ma una possibilità fra le altre. Gli Umanisti, sopraffatti dal dolore per le guerre e le morti, si pongono il problema combinato di cosa sia il bene e cosa sia le verità del bene e per farlo devono rompere con una visione del mondo mitica, prodotta degli uomini e dalle tradizioni ma contraffatta da destino voluto dagli dei.
Con Socrate nasce la diffidenza verso il proprio mondo circostante; Socrate mette in discussione il lavoro come sopravvivenza, l’amore come possesso, l’obbedienza come virtù, e, dopo aver partecipato a una guerra durata oltre trent’anni, si rende conto che ci possono essere diversi modi di pensare i valori e il mondo, che c’è una differenza fra la vita e il modo di vivere la vita, che c’è una distanza fra quello che si pensa e la verità del bene.
Quello che per te è un problema che ti fa soffrire, per gli Umanisti era la loro impresa: porre la ricerca della verità del bene come uno scopo, un telos, un fine a cui bisogna mirare. La consapevolezza che il proprio modo di pensare può essere cambiato, modificato, superato perché relativo, infondato o sbagliato, non ha mai significato per loro abbandonare l’idea di una verità, di un bene vero, ma porre l’esigenza di un compito. Lo hanno detto a chiare lettere, forse anche in modo un po’ aggressivo: la verità del bene che rende bella la vita di ognuno non è qualcosa che possediamo, non ce la danno papà e mamma, il politico o il demagogo spirituale di turno, ma qualcosa da cercare, a cui tendere. Nessuna catarsi, nessuna rinascita, solo un faticoso e infinito lavorio di ricerca. Sono loro quelli che hanno insegnato a criticare le formule di vita preordinate e i disvalori fasulli di potere, fama, bellezza e ricchezza che vendono i social media. Sono loro i colpevoli che hanno criticano i valori ideologici, religiosi, mitologici e istituzionalizzati e hanno riposto la speranza in una ricerca di nuovi valori, nuove relazioni umane, nuove scoperte scientifiche.
La verità del bene è divenuta l’idea guida degli Umanisti, uno scopo spirituale in una prospettiva infinita, perché la ricerca non produce i frutti tanto desiderati. Quando Socrate poneva le domande aperte, quando Epicuro invitava sempre a filosofare insieme, quando Epitetto prescriveva l’esercizio spirituale, sapevano di non avere ancora la verità fra le loro mani. La verità del bene si poneva come scopo dell’essere umano, esattamente come te la poni tu. Perché sai anche tu che la verità del bene non è più appannaggio degli dei di turno, ma della concretezza della vita, perché nulla può giustificarsi in quanto proveniente da una fonte extraumana, ma va argomentato, sottoposto a verifica, vissuto per saggiarne la verità, anche se viene da un dio.
La storia dell’Umanesimo è guidata da questo dislivello fra idea di bene e realtà del bene, che diventa lo sviluppo di un pensiero, di una pratica, di comunità che pongono un’idea infinita, la ricerca di un bene vero che renda la vita felice, che, pur essendo abbozzata, transitoria, imperfetta, guida e orienta la vita spirituale e relazionale. L’Umanesimo allora diventa parte di un’umanità, esattamente come la tua, che vuole vivere e plasmare la propria vita secondo un ideale di bene che ricerca mettendo all’opera la propria ragione sentimentale e spesso non la trova. E’ l’Umanesimo che ha stimolato la tua teleologia (da “telos” fine, scopo e “logos” studio, discorso), non sapendo però che è un’idea infinita da perseguire.
Ma a differenza tua che inclini verso la frustrazione o la disperazione, che soffri perché al fondo potresti non credere che questo bene esista, gli Umanisti sono sempre stati consapevoli che questa ricerca è solo agli inizi rispetto alla storia millenaria dell’umanità. Ed è proprio questa coscienza dell’infinito che li caratterizza come volontà di essere aperti a un continuo domandare. Anche loro, ammettiamolo, hanno vissuto il loro cercare con una certa irrequietezza, anche perché spesso per questo sono stati fatti fuori (il primo a essere ucciso fu proprio Socrate). Però gli Umanisti non si sono mai nascosti, anzi; anche in condizioni di clandestinità, hanno sempre cercato di far sentire la loro voce. Legando la propria volontà, come vocazione, a queste idee di bene infinite e sempre perfettibili, l’Umanista si è sempre sentito responsabile per le generazioni future ma anche per quelle passate, per ri-comprendere ciò che ci hanno consegnato (per questo come Scuola dedichiamo corsi alla Storia dell’Umanesimo).
Forse allora sei anche tu un Umanista in pectore perché senza saperlo influenzi gli altri in questa ricerca del bene vero, rompendo loro le scatole sul senso della vita, dell’amore, del mondo. E, come Umanista, ti invito a non smettere di cercare e di sperare, di criticare e costruire, perché così potresti scoprire che questa tua vita di ricerca è il senso più alto che puoi donare anche a chi verrà dopo di te. Perché, di certo, qualcosa troverai e ti sorprenderà.
Coach Umanista e fondatore del Coaching Umanistico