8 marzo 2013 – Una possibile rivoluzione
Dall’India all’Italia: Un 8 marzo contro la violenza e per l’autorealizzazione delle donne.
di Moira Barbacovi
New Delhi, 16 dicembre 2012: una giovane donna viene stuprata da sei uomini a bordo di un bus. Durante quei terribili momenti lotta per la sua libertà e, nonostante la gravità delle sue condizioni, continuerà a combattere anche in ospedale. “Non voglio morire aveva detto ai suoi famigliari”, mostrando il suo amore per la vita. In un ultimo tentativo per salvarla, è trasportata al Mount Elizabeth Hospital di Singapore, ma non ce la farà. Un caso di violenza che non rappresenta un fatto unico nella storia dell’India, Paese immenso e ricco di antiche tradizioni, ma anche di grandi contraddizioni e atroci ingiustizie, specie verso le donne. Il National Crime Records Bureau riporta come nella nazione venga stuprata una donna ogni 20 minuti. A New Delhi nel 2011 sono stati denunciati 572 casi, mentre nel 2012 sono aumentati a 635. La brutalità è cresciuta negli ultimi 18 anni, fino ad arrivare, nel 2012, a 228.650 casi di violenza sulle donne, su un totale di 256.329 casi.
La ferocia questa volta non ha lasciato indifferenti. Migliaia di donne sono scese nelle strade di New Delhi e presso l’osservatorio di Jantar Matar, spazio riservato alle autorità per le manifestazioni. Cortei e marce hanno avuto luogo anche a Mumbai, Bangalore, a Calcutta. Slogan e cartelli mostrano come la ragazza sia diventata un’icona della battaglia contro le violenze: “Lei non è con noi, ma la sua storia ci deve risvegliare”. Risvegliano il coraggio, la forza, la tenacia e l’amore per la vita di questa giovane donna, ribattezzata “Damini” (illuminazione in Indi). Il suo spirito è stato accolto da coloro che si sono mobilitate per ottenere un cambiamento positivo per la loro condizione.
Le migliaia di dimostranti sono simbolo di crescita della forza nella battaglia per i diritti fondamentali delle donne. Forza che opera silenziosamente da decenni e procede in modo inesorabile, seppur lento, arrivando a sfondare oggi il muro dell’attenzione internazionale sulla condizione femminile indiana. Le donne che hanno fatto sentire la loro voce in tutto il mondo sono una netta minoranza, rispetto alle milioni che abitano l’India, tuttavia esse rappresentano l’esempio della capacità di lottare per la libertà. Sono l’avanguardia di un cambiamento possibile nella lunga, difficile, estremamente ostacolata strada verso l’autodeterminazione.
Il movimento femminista indiano opera sin dal XX secolo. Tempo in cui si concentra sui diritti basilari. La prima svolta è negli anni ’60 quando emerge una prospettiva della lotta finalizzata ad un miglioramento effettivo, sociale ed economico, della condizione della donna. Prospettiva nuova che si consolida negli anni ’80, con lo sviluppo del movimento femminile indiano contemporaneo. Esso è caratterizzato dalla formazione di gruppi autonomi, indipendenti e apolitici, capeggiati da donne; dalla nascita della stampa femminista; dalla presenza di appartenenti provenienti da ogni tipo di casta, di classe e area urbana o rurale. Gli obiettivi sono la liberazione dagli abusi e dalle violenze domestiche, la fine delle morti per dote, l’eliminazione dell’aborto selettivo dei feti femminili e delle discriminazioni legali.
Oggi, il movimento è sempre più ricco. Presente capillarmente nella nazione, è organizzato in associazioni ed è colmo di nuove voci tra cui quelle delle donne intoccabili, musulmane, cristiane e tribali. Caratteristiche, che ne sono il punto di forza. In ogni villaggio, città, stato ci sono centinaia di associazioni femminili tenute in vita dal contributo quotidiano di tutte le donne.
I risultati ottenuti sono concreti e, seppur la lentezza con cui vengono conseguiti mostra che la strada da percorrere è ancora lunga, si registra una crescita del cambiamento di mentalità. E’ evidente l’incremento di coloro che conquistano coscienza del proprio valore e agiscono. Infatti, una delle più celebri avvocatesse indiane, appartenente all’associazione donne avvocato, Indira Singli, riporta sono in costante incremento le cause intentate per rivendicare diritti in caso di divorzio e di eredità, nonostante l’ostacolo posto dall’ostilità dei giudici.
Vittorie piccole, conseguite con estrema fatica, ma importanti perché indicano come la silenziosa rivoluzione continui ad esistere, operare, procedere. Conquiste che permettono alle donne di prendere consapevolezza del loro potere e di agirlo. Uno dei movimenti, diventato punto di riferimento in detta lotta, è rappresentato dalle donne della Gulabi Gang. Guidato dalla fondatrice Sampat Pal Devi ha l’obiettivo di affermare i diritti delle donne in una società dominata dagli uomini. Nel 2006, all’atto della sua costituzione, contava 5 militanti, oggi ne comprende decine di migliaia. Il tratto distintivo è il Sari rosa e un bastone che portano sempre con loro. Nonostante professino la non violenza, quel bastone ricorda a tutti che sono pronte ad usarlo, nel caso servisse. La storia che ha portato alla nascita del movimento e poi al suo sviluppo, è emblematica della forza di una donna nell’attimo in cui questa riesce a risvegliare i suoi poteri originali. Come Sampat Pal Devi racconta sul suo sito internet, ciò che l’ha spinta ad intraprendere questa strada è stata l’esperienza di donna che ha vissuto personalmente la violenza degli uomini. Ed è fiera di essere riuscita a risvegliare il coraggio femminile. All’inizio, quando andava nei villaggi e vedeva la sofferenza delle donne, cercava di scuoterle e di farle riflettere sulla loro condizione per infondere una prospettiva nuova. Abha Bahya, fondatrice di Jagory, movimento femminista che oggi comprende 70 associazioni di donne nelle campagne indiane, asserisce che: “Quando le donne parlano tra loro, si confrontano sulle loro esperienze, prendono consapevolezza e cominciano a realizzare che in migliaia vivono la stessa condizione, vuol dire che è stato fatto il primo passo”. La condivisione implica il risveglio della consapevolezza. Unirsi e cooperare è il passo successivo. Nel caso della Gulabi Gang il fatto che la cooperazione sia un valore di fondo è anche rappresentato dal logo raffigurante un cerchio di donne strette attorno al nome del movimento, ovvero agli ideali per cui si spendono. Sampat Pal Devi, come molte altre attiviste, nel tempo è stata screditata, ha rischiato di essere uccisa ed è stata arrestata, ma la sua perseveranza l’ha condotta a non fermarsi mai; e a dichiarare che non si fermerà fino a quando le cose per le donne saranno così.
Oltre a quello della Gulabi Gang ci sono altri esempi positivi di auto-organizzazione della donna. E’ il caso delle donne del Movimento Anti-Arrack, che sono arrivate ad essere 20.000 e per più di dieci mesi hanno portato avanti la battaglia contro la produzione e la vendita dell’Arrak, un wisky adulterato preparato in campagna che faceva la fortuna dei produttori ma la disperazione delle donne. Infatti loro vedevano tornare a casa i mariti ubriachi e senza un soldo, pronti a picchiarle e violentarle. Si sono organizzate in gruppi di 30/40 e a turno hanno effettuato spedizioni punitive per ottenere la chiusura dei rivenditori e il bando al commercio dell’Arrak, mentre le altre, rimaste nei campi, si dividevano la paga, badavano ai figli di tutti, cucinavano.
I risultati conseguiti hanno aperto la porta per queste donne alla conoscenza dei loro poteri, dell’efficacia nell’esercitarli; hanno permesso loro di scoprire che le capacità femminili non sono state soppresse e non possono esserlo. Per quanto mortificate e compresse, esse sono permanenti e pregnanti e la lotta per l’autodifesa può essere un punto di partenza per la lotta di liberazione e autorealizzazione.
LEZIONI PER L’ITALIA
Il femminicidio non è un fenomeno solo indiano perché è molto presente anche nel nostro Paese, pur essendo fuori da ogni agenda politica. I pochi dati statistici disponibili parlano chiaro; anche se si fatica a riconoscerlo, l’Italia è tra i paesi del mondo in cui è in atto tale terribile fenomeno.
Anno | Donne uccise | Frequenza | Autori |
2012 | 180 | 1 donna ogni 2 giorni | L’87% per mano di persone appartenenti alla cerchia affettiva delle mura domestiche. Il movente sentimentale è aumentato del 3% rispetto al 2011 |
2011 | 120 | 1 donna ogni 3 giorni | Il 70% per cento delle donne che ha chiesto aiuto a “Telefono Rosa” ha subito violenza in famiglia, o da coloro che ritenevano essere “i loro cari” |
2010 | 127 | 6,7 % in più del 2009 | |
2009 | 119 | ||
2008 | 113 | ||
2007 | 103 | ||
2006 | 101 | ||
2005 | 84 | ||
2004 | Np | ||
2003 | 192 | Picco del decennio |
FONTI:
I dati della casa delle donne, di AMI – (Avvocati Matrimonialisti Italiani), ripresi da Rashida Manjoo, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne a novembre 2012, e di Telefono Rosa.
Il fatto è in aumento ed è grave soprattutto considerando che, viceversa, cala il numero di omicidi in generale e quelli di uomini verso altri uomini. Crescono le violenze rivolte alle donne che avvengono in ambito familiare o sentimentale. Nell’ultimo anno, gli autori dei delitti riconducibili a persone dentro la cerchia affettiva della vittima, o che popolano la sua vita quotidiana, sono da ricondurre a:
Marito/convivente 37,5%;
EX (Marito/convivente/fidanzato) 16,7%;
Amante/fidanzato/compagno 10,8%;
Figlio 6,7%;
Collega amico/datore di lavoro/vicino di casa 6,7%
Il movente, nel suddetto ambito, è da attribuire a:
Conflittualità 21,6%;
Separazione 14,2%;
Gelosia 10%;
Raptus 4,2%;
Rapporto sessuale/relazione 3,6%;
Vendetta 3,3%.
Ufficialmente il fenomeno non è ancora adeguatamente misurato perché non esiste un osservatorio del Governo Italiano. Quando nel luglio 2011 il Comitato CEDAW (organo indipendente composto da 23 esperti sui diritti delle donne stabilito dall’ONU) chiese al nostro Paese i dati in proposito, il Governo italiano non fu in grado di rispondere.
Uno sguardo da vicino agli esempi più belli di autodifesa delle donne in India, permette di imparare dalla loro storia ciò che di positivo ci possono insegnare in termini di potenzialità. Esse, pur essendo ancora una minoranza, stanno facendo un lento cambiamento culturale, stanno cercando l’auto-realizzazione attraverso l’affermazione della loro forza positiva. Il gruppo per loro è un principio collettivo fondato sulla cooperazione e la sorellanza ugualitaria, in cui la leadership diffusa viene riconosciuta, rispettata e assunta.
La tendenza culturale della donna ad auto-realizzarsi determinando la propria vita, ed il suo desiderio di conquistare la libertà di essere, in India come nel mondo, è un progetto potenziale complesso di cui l’autodifesa individuale e collettiva è parte integrante in ogni Paese, compresa l’Italia.
E’ con le donne indiane e di tutto il mondo che vogliamo unirci per festeggiare insieme questo 8 marzo contro la violenza e per l’autorealizzazione.
Bibliografia:
Manuale di Coaching Umanistico della Scuola Italiana Life & Corporate Coaching; Luca Stanchieri, ultima edizione, 2012
Luca Stanchieri, Scopri le tue potenzialità, Come trasformare le tue capacità nascoste in talenti con il coaching e la psicologia positiva, Franco Angeli, 2008.
Luca Stanchieri, Essere Leaeder Non Basta, Franco Angeli, 2006
Luca Stanchieri, 101 modi per allenare l’autostima, Newton Compton Editore, 2010.
Bibliografia sul femminismo in India:
http://www.inventati.org/capolinea/gf/gf.htm
http://www.lettera43.it/cronaca/9827/india-le-donne-vigilantes-in-difesa-dei-piu-deboli_breve.htm
http://www.gulabigang.in/ – sito ufficiale del movimento
http://femminismorivoluzionario.blogspot.it/2012/12/india-la-vera-causa-della-violenza.html
http://www.retedelledonne.org/mappatura/search/iNDIA
articoli di cronaca: “Giovane stuprata su un bus a New Delhi” periodo dicembre 2012/gennaio 2013:
BBC; CNN; The Times of India; Republicindia; India news agency; Kashmir times
La stampa; Repubblica; Corriere della sera; Il messaggero, Internazionale; Giornalettismo
Fonti dati femminicidio Italiani
ISTAT; Telefono Rosa;
AMI la casa delle donne, di Bologna AMI – su Il giornalettismo 19 dicembre 2012
ONU: Rashida Manjoo, sulla violenza contro le donne, novembre 2012
La foto è presa liberamente da www.giornalettismo.com