Fase 2: l’ottimismo creativo nell’incertezza globale
Scene post-quarantena (fonte: sessioni di coaching umanistico): P. e O. si sono incontrati al loro bar preferito ancora chiuso e hanno pianto insieme perché il loro amore è sfumato; G. si è innamorato durante la quarantena e lei lo ha baciato ma poi è andata via senza voltarsi; M. si è messa con V. e hanno fatto l’amore cercando di non pensare a quando lui tornerà a Milano; B. ha smesso di vedere le storie su Instagram del suo ex fidanzato e della sua ex amica migliore perché stanca di soffrire; J. viene travolta dalla mancanza di F. come un’onda che all’improvviso le toglie il fiato ma ha deciso di volgere lo sguardo altrove; A. e R. finalmente si sono abbracciati e lui è rimasto stupito della sua bellezza dopo tanta lontananza.
Questi ragazzi e ragazze come affronteranno questi eventi? Cosa apprenderanno dalla gioia e dal dolore? Quali scelte faranno? E quali azioni realizzeranno? Non lo sappiamo. Perché le risposte non sono scontate, meccaniche, deterministiche. In ogni decisione che prenderanno ci sarà un nucleo originale, generato dalla loro facoltà creativa. Perché in ogni loro amore c’è creatività. Quei sentimenti sofferti, entusiasti, feriti, orgogliosi, pudici sono una grande fonte di ispirazione per la creatività. La creatività amorosa colma le distanze, supera gli steccati, genera soluzioni, lenisce i dolori, forgia il carattere, apre possibilità.
Come loro, anche noi adulti abbiamo bisogno di risvegliare la nostra creatività nel mondo, ispirati dall’amore, soprattutto quello più grande, supremo che è l’amore per la vita, la tua, la mia, la nostra vita.
La creatività è quella facoltà/potenzialità in grado di generare idee per migliorare l’esistenza. In una condizione di incertezza, la creatività soffre. La paura non l’aiuta, al contrario. La stanchezza che sentiamo dopo queste settimane di lutti e sofferenze la ostacola. La creatività cerca strade, ma sono grandi le barriere che la inibiscono. Non è la necessità che aguzza l’ingegno, è l’ingegno che risolve le necessità. E l’ingegno è mosso dall’amore e dalla coscienza. Non l’ansia del pericolo, ma la coscienza del rischio predispone alla difesa. La difesa (l’igiene, il distanziamento, la cura, il lavoro da remoto) ci permette di adattarci alla realtà cercando di minimizzare il rischio. Sono mesi che ci difendiamo. Sentirci stanchi, scarichi, irritati è una reazione normale. L’impresa contro il virus la stiamo vincendo; ogni dato va in questo senso. Ma è una vittoria tattica. Sul piano strategico l’impresa è tutta da costruire e serve una quantità enorme di creatività collettiva e coordinata per realizzarla. Per sprigionare la creatività dobbiamo ripristinare subito la cura di sé. Speriamo che chi ha lavorato in questi mesi, curando le persone e permettendoci una vita “normale” riceva premi, riconoscimenti e periodi di riposo adeguati. Speriamo che chi soffre dei disastri economici abbia un supporto generoso da parte delle finanze pubbliche, quelle di chi versa allo stato molta parte dei suoi guadagni; pagare le tasse avrebbe un senso almeno. Per tutti, dopo la quarantena, si apre un periodo di rigenerazione. Mangiare bene (minimizzando i carboidrati nonostante Panzironi) e idratarsi meglio, riposare adeguatamente, riprendere un moderato ma costante esercizio fisico (almeno una camminata al giorno a passo sostenuto per 40 minuti), rivedere gli amici e gli affetti il prima possibile e sempre in sicurezza: oggi questa è cura indispensabile della propria salute, nutrimento essenziale del nostro spirito, non solo del corpo. Alleniamo il nostro sistema immunitario globale, fisiologico e spirituale, attraverso la cura di sé.
Questa propedeutica, permette la pianificazione dell’allenamento alla creatività. Durante la rigenerazione, sarebbe opportuno esporsi, frequentare la creatività alta, quella dei capolavori immortali che l’arte sa donare. Scegliete la forma d’arte che più vi tocca: la musica, la letteratura, la pittura, la scultura, l’architettura, il cinema. Coltivatela come forma di meditazione. La meditazione, in questo senso, va intesa come tensione alla riflessione più alta. Non limitiamoci al godimento dell’opera, scopriamo l’artista che l’ha creata. Attiviamo le nostre interpretazioni, interroghiamoci sui percorsi che l’artista ha fatto, sugli ostacoli che ha dovuto superare, sulle sconfitte che lo hanno ferito, sull’impegno che ha profuso per generare quell’opera che a noi scuote l’animo. Ogni opera possiede una visione originale della vita, è capace di arricchirla, ispirarla, dargli spessore, a patto che l’opera stessa non sia mai disgiunta dall’essere umano che l’ha generata. Che cosa ha vissuto Michelangelo nello scolpire il Mosè? Come è arrivato Raffaello a dipingere la Scuola di Atene? Che difficoltà ha incontrato Brunelleschi nel costruire Santa Maria Novella? L’arte in ogni sua forma è ricca di insegnamenti. Ma è un’opera creativa, immaginifica, impegnativa anche quella di saperli cogliere e godere fino in fondo.
La cura di sé e la coltivazione dell’arte sono solo due esempi di allenamento per mettere in moto la nostra facoltà creativa. Il livello della nostra creatività dipende dal percorso di elevazione che vogliamo intraprendere. Nella letteratura scientifica si distinguono 4 livelli di creatività:
- Mini C: è la creatività più minuta, senza allenamento, che si rivela nei piccoli gesti (un nuovo modo di lavarsi i denti, un nuovo ingrediente in un piatto)
- Little C: è la creatività più mirata e spontanea, che coltiviamo andando a fare fotografia la domenica, scrivendo un racconto a settimana, curando la nostra arte culinaria nei giorni festivi. La Little C implica già un campo preciso di riferimento, ma è coltivata nel tempo libero, in modo spontaneo e saltuario.
- Pro C: è la creatività allenata sistematicamente in un campo culturale e ha un carattere professionale/esperto. A questo livello sappiamo fare un buon film, scriviamo un’ora tutti i giorni, facciamo corsi di cucina e ci applichiamo con impegno per migliorare.
- Big C: a questo livello siamo nel talento, nell’opera che meraviglia, ci sono anni di impegno, maestri di alta padronanza tecnica e pedagogica da cui abbiamo appreso e che ci hanno allenato, intenzionalità e passione.
In ogni aspetto della nostra vita, avremo sempre più bisogno di creatività. A partire dalle relazioni, per arrivare alle nostre opere, passando per i nostri mestieri. Ne avremo bisogno sul piano individuale, relazionale e collettivo. Nelle relazioni con le persone care come con quelle più estranee, nella cura del nostro rione, della nostra città e dell’ambiente e della natura in generale, nei più piccoli gesti come nelle imprese più faticose e più grandi, avremo bisogno di creatività. La risultante finale sarà l’opera più importante: la trasformazione della vita stessa in una magnifica opera d’arte degna di ammirazione e amori sinceri sullo sfondo di un’inarrestabile incertezza.
Ogni sessione di coaching umanistico è valida se ottiene uno spunto creativo: la scoperta di una vocazione, il cambiamento di un paradigma, l’invenzione di un’idea originale, un nuovo programma di allenamento, un punto di vista diverso su una situazione, un incremento di azione insolito, un miglioramento nella realizzazione di un piano. Ogni scoperta creativa crea un cambiamento significativo, nella misura in cui migliora la vita. In una condizione di incertezza, dobbiamo distinguere quello che dipende da noi, da quello che non dipende da noi. E’ nella prima sfera che la creatività può essere allenata.
Nei prossimi corsi, sul diventare dei coach professionisti, sull’avviamento alla professione, sul coaching per gli adolescenti, sul corporate coaching manageriale e imprenditoriale, vedremo come allenare questa creatività in condizioni di incertezza.
A presto
Luca Stanchieri